CLEMENTE BUSIRI VICI

ARCHITETTO

STAMPA

CASA E STILI Novembre 2011

GLI SPAZI CONTINUI

L’architetto Clemente Busiri Vici ridisegna, a Roma, un appartamento su due piani, aprendolo alla luce.

Grazie all’urbanista tedesco Joseph Stubben, dal 1909 nel quartiere romano Della Vittoria si alternano a fabbricati alti 24 metri, villini elevati su due, massimo tre piani.
All’interno di uno di questi, l’architetto Clemente Busiri Vici ha progettato la ristrutturazione di oltre 300 mq, organizzati su due livelli.
Foto e grafici dello stato di fatto palesano chiaramente un’impostazione molto classica, con ambienti purtroppo chiusi in se stessi, bui, relegati nella propria destinazione d’uso ed affatto dialoganti con l’ampia metratura disponibile, mortificata poiché non valorizzata.
Dal profilo dei committenti (genitori con due figli), appassionati di arte contemporanea, parte la rivoluzione progettuale, finalizzata a fornire, con scelte materiche e formali, una seconda vita all’appartamento ed ai suoi fortunati inquilini.
Radicale la divisione tra la zona giorno e la notte, mediata solo da un disimpegno filtro, contenente anche il bagno giorno. All’ingresso domina una grossa scala in acciaio con sole pedate in rovere che collega la zona giorno di rappresentanza - salotto, tv, pranzo ospiti - al piano superiore, dove si trova la cucina, la zona pranzo e tv per la famiglia.
Un oculato montacarichi/portavivande permette il collegamento tra l’area cottura/preparazione al piano superiore ed il tavolo ospiti a livello inferiore.
Il grosso muro di spina che separa la zona d’ingresso dal living è asportato d’intere porzioni, creando dilatazione, comunicazione visiva e spaziale tra gli ambienti, grazie anche alla medesima tonalità cromatica che avvolge i locali, al limite della spersonalizzazione: pareti e soffitti bianchi e pavimento in lastre di marmo bianco con venature grigio chiaro.
Il cerebrale camino in pietra lavica, bordato d’acciaio e sormontato da un pannello in cartongesso, poi sede per l’importante quadro (Mimmo Paladino 1981), organizza gerarchicamente l’arredo mobile del salotto.
Numerose le opere d’arte contemporanea inserite nel disegno degli ambienti.
C’è un interessante connubio tra l’arredo fisso, scandito da nicchie, riseghe, tagli diagonali, e l’arredo mobile ideato per valorizzare le importanti opere d’arte.
Salendo la scala si arriva al livello superiore, ove un’ampia terrazza, preannunciata dalla grande vetrata, inonda di luce naturale. È lo spazio più intimo, con il salottino della tv, la zona pranzo con cucina annessa e, appunto, la scenografica terrazza. Il rovere dei gradini della scala d’ingresso caratterizza e scalda la pavimentazione di tutto il piano.
Luce naturale con grandi superfici finestrate, finiture cromaticamente chiare e la scelta di materiali caldi hanno nobilitato spazi prima cupi ed inutilizzati. La cucina, promossa al livello superiore rispetto all’impianto originario, è ridisegnata nei suoi volumi ed avvicenda piani cromati a pannelli in vetro, utilizzando la resina solo per pavimento e pareti. In terrazza è curioso il rivestimento a parete in sassi di fiume di colore grigio ma la copertura piana in policarbonato desta qualche perplessità: le avrei dato una certa inclinazione per dilatare la prospettiva visiva della terrazza, acuire il ricambio d’aria ed orientare scenograficamente il drenaggio delle acque meteoriche.
Migliore la scelta del pavimento rivestito in listoni di teak, anche se avrei ruotato ortogonalmente l’orditura per dilatare visivamente uno spazio già sviluppato longitudinalmente per geometria.
Tornando al livello inferiore dell’appartamento, nella zona notte il rovere e le tonalità chiare su pareti e controsoffitto scaldano gli ambienti nella loro nuova disposizione che sostituisce l’originaria cucina, ora al livello superiore, con due cabine armadio ed il loro bagno padronale. Prescindendo dallo sviluppo dei locali e della presenza di fortunate fonti di luce naturale, le scelte materiche e cromatiche sono la prima forma di arredo fisso che condiziona poi l’arredo mobile, creando quel clima che, indipendentemente dalle ispirazioni del progettista o dai gusti della committenza, deve rendere quegli spazi vivibili come “casa”.